Economia, equilibrio ed occupazione. Critica al modello liberista.

Gerardo Dottori La Famiglia Marinetti, 1933

Gerardo Dottori – La Famiglia Marinetti – 1933


Il fondamento dell’economia non è scientifico, non le appartiene, dal momento che i suoi presupposti non sono scientificamente giustificabili. Non si può giustificare nulla senza presupporre già qualcosa, il che significa che l’economia è costretta a riferirsi a un fondamento che le è esterno. Vi è però un rovescio della medaglia, l’economia è una scienza aperta perché essa non offre una conoscenza esaustiva della realtà.

È per questo che l’economia deve intrattenere stretti rapporti di vicinanza con l’etica, la storia, la politica, la filosofia.

Chiunque desideri replicare può spedire la sua replica a: Movimento Nazionale

Liberismo e teorie generali di un equilibrio molto squilibrato.

Noto, con grande sgomento, che dai tempi dei governi Craxi ad oggi, nessun dibattito politico o campagna elettorale o battesimo di una nuova forza politica comprenda l’esposizione dei fondamentali temi di Politica Economica sostenuti e caldeggiati. Considero questa una grave e voluta mancanza in virtù di una considerazione molto semplice, le linee di Politica economica scelte, sono fondamentali per la stesura di un completo Programma di Partito/Movimento/Formazione. Il valore che ricopre la Politica economica in un progetto politico è nodale per gli interventi in tema di formazione delle leggi, dei decreti legislativi e soprattutto nella composizione della legge finanziaria, come, dove e quanto spendere; inoltre è attraverso le scelte di Politica Economica che si configura il rapporto di collaborazione consortile tra l’Ente Pubblico Stato e le forze produttive private, imprese, forza lavoro, famiglie. Decisivo dovrebbe essere l’intervento della Banca Centrale nello stampare e far circolare moneta, bene prezioso per avviare, migliorare e sviluppare i processi economici. Eppure oggi è il racconto serale, la favola davanti al camino.
Ottobre 1983, il brillante ed originale economista di nascita ungherese, Nicholas Kaldor, fu invitato a tenere delle lezioni in memoria di Arthur Okun presso l’Università di Yale. Arthur Okun, prematuramente scomparso, era, al pari di Kaldor, un’altra geniale e libera mente del pensiero economico. Entrambi premevano per la riconsiderazione delle teorie economiche in voga che influenzavano le scelte economiche dei paesi più industrializzati di allora. Entrambi rifiutavano l’arbitrarietà degli assunti/assiomi sui quali venivano costruiti sofisticati modelli matematici. L’Economia, come tutte le scienze sociali, non si basa su dati dimostrabili con metodo scientifico. Come tutte le scienze sociali osserva un mondo in cui l’unica costante certa è la variabilità ed eterogeneità degli elementi da considerare. Nella lezione di apertura, Kaldor mette in evidenza la natura di un problema che oggi si quantifica nell’inesistenza di progresso nelle teorie applicate. L’approccio dominante evidenzia assiomi scelti al solo scopo di garantire il risultato formale del modello matematico dell’equilibrio generale. Il capitalismo funziona bene perché in grado di autoregolarsi e poco importa che il sistema di equazioni a supporto formale, siano state elaborate più di cento anni fa. Poco importa che il trascorrere del secolo abbia modificato gli assiomi adeguandoli ai cambiamenti strutturali, strumentali e di processo, un regresso anziché un progresso in primis in termini di ricerca scientifica. Negli anni ’80 ancora esistevano accademici e ricercatori critici, come fu lo stesso Kaldor, che capovolgendo le argomentazioni, avanzavano la fondata idea che, la generica teoria dell’equilibrio generale avesse il solo grande merito di mostrare come fossero severe le condizioni da soddisfare affinché il libero mercato assicuri quei risultati, in termini di benessere, che arbitrariamente gli sono attribuiti. Arbitrari sono anche i termini del marginalismo, il comportamento razionale del consumatore alla ricerca della perfetta ottimizzazione del rapporto costo/beneficio, dove il beneficio è soggettivamente dato dal valore che il consumatore attribuisce al prodotto. L’equilibrio come modello macroeconomico e microeconomico, da un lato produttori in grado di anticipare le tendenze del mercato agendo sulle quantità di prodotto che equilibrano il prezzo in base alle scelte marginali del consumatore. Un sistema perfetto con un piccolo difetto, non funziona. La dimostrazione sono i mercati dei prodotti di base o primari, corrispondenti prossimi, nel mondo dell’economia reale, ai mercati d’asta della concorrenza perfetta, dunque con la totale flessibilità nei prezzi, eppure con un’ampiezza di oscillazione che non corrisponde con la reale espansione della produzione. L’esempio calzante di oggi, senza voler sconfinare nel terreno minato del sancta sanctorum dei prodotti petroliferi, è la fluttuazione del prezzo dell’energia elettrica, il cui prezzo medio a kWh passa dai 0,17 € nel 2007 ai 0,25 € di oggi con un rincaro medio del +43% prima delle tasse, mentre la produzione oscilla tra i valori positivi e negativi in un intervallo compreso tra uno -3% e un +3%[i]. Se il sistema fosse stato autonomamente in grado di autoregolarsi come si giustifica l’aumento costante del prezzo al consumatore finale? Il marginalismo potrebbe rispondere che il consumatore sceglie, in un regime di libero mercato, il prodotto a cui attribuisce soggettivamente più valore a prescindere dal prezzo, dunque esiste un mercato dell’energia elettrica griffata. La conclusione è un fendente alla magnificata bellezza del mercato capitalistico, non è concorrenziale nei termini osannati ed è molto lontano dall’essere proteso verso il benessere. Infatti, la principale conclusione, sia per Okun[ii] che per Kaldor[iii], è che i prezzi sono indipendenti dalla domanda di beni ed influenzati da quest’ultima solo indirettamente. Nell’economia reale, quella fatta dalle famiglie per altre famiglie, l’evidenza sta nella scomparsa di tutte quelle attività intermedie tra produzione e consumatore, esempio principe lo strapotere della grande distribuzione alimentare. Se è dunque il produttore che stabilisce il prezzo, indipendentemente dalla domanda del prodotto e se questi nella massimizzazione dei costi, via via elimina le inefficienze in termini di rapporto costo di produzione per singola unità/quantità prodotta, si svela ciò che è sotto gli occhi di tutti, rincaro costante dei prezzi al consumo, drastica diminuzione della qualità, Cina docet dalla tecnologia, al tessile, Monsanto occidi in tutto il comparto alimentare. Poi è subito imposta, accisa, tassa ed Amen! A supporto di Okun, Kaldor ed altri come loro, che partirono dall’osservare il funzionamento dei mercati, si affiancarono i fascicoli, articoli e pubblicazioni di studi econometrici, di Nordhaus, Cagan, Coutts, Godley, la riprova quantificata di un sistema arbitrariamente iniquo. In una tale situazione più che al benessere collettivo il sistema provvede al benessere produttivo e se nella sua forma ideale, il liberismo prevedeva l’intervento dello Stato solo nei casi in cui fosse proprio il benessere collettivo ad essere in pericolo, oggi con la perdita prima della parità aurea della moneta, 1944 Bretton Woods, in seguito nel 1971 con la formale  dichiarazione di inconvertibilità del dollaro in oro ed infine nel 2002 con la definitiva circolazione dell’euro, è stata decretata la morte di qualsiasi intervento Statale a favore dell’Economia interna ed a salvaguardia del benessere collettivo. Il Rappresentante che non Rappresenta.

Più preoccupate diventano le considerazioni se passiamo dall’analisi delle quantità di prodotti e prezzi al livello occupazionale. Ancora Kaldor nelle lezioni del 1983 ricorda che gli arbitrari e restrittivi assiomi delle teorie dell’equilibrio, presuppongono sempre una piena occupazione del sistema e che dunque i livelli di disoccupazione siano legati alla volontà manifesta di non voler lavorare. Mi rammenta molte affermazioni di presunti imprenditori alla Briatore e politici di sinistra. Infatti nella realtà empirica il tasso di attività, rapporto tra Forza Lavoro/Produzione agisce in modo meno che proporzionale sulla disoccupazione, infatti la variazione positiva della produzione non produce alcun effetto sulla crescita dell’occupazione. Ammonisce Kaldor che la scelta del produttore è sempre quella di aumentare le ore lavorative della manodopera data oppure, pratica ormai comune, esternalizzare. Nel lungo periodo, il lunghissimo periodo che va dalla forzata industrializzazione all’attuale forzata de industrializzazione, il tasso di disoccupazione è sempre stato variazione negativa o positiva di un valore comunque negativo. Ostinatamente si continua a chiamarla economia del “benessere”. Il suo vero nome è economia del dissesto.

Il capitalismo, quello attuale, è passato indenne attraverso battaglie cruente, ricordiamo l’innocenza di una base di sinistra combattiva e resistente, protagonista di oltre venti anni di lotte, ricordiamolo solo per comprendere una realtà più tragica e tetra, la volontà manifesta e manifestata di una classe politica che da sempre ha tutelato il dissesto. Il tetro risiede nella falsità di un sistema che non rappresenta altri che la Plutocrazia mondiale ed i suoi scopi assassini. Scopi che non sono i lauti profitti, le sconfinate ricchezze, il lusso più sfrenato, non è nemmeno il potere derivato dalla sovrabbondanza di denaro è, ormai, la conclamata volontà a fare della Razza Umana qualcosa d’altro, cambiarne radicalmente la natura della stessa. Mi preme ricordare che, per quanto io possa e voglia comunque essere considerato di parte, parte Fascista, un’Italia rurale, in dissesto, con enormi divari sociali ed economici, in pochi anni è diventata un’Orgogliosa Nazione che da sola, senza appellarsi a ingiustificabili ed ingiustificate ragioni di razza o di supremazia ma con uno scopo Universale di Civiltà, ha dichiarato guerra al mondo intero, a quella Plutocrazia, senza razza ne bandiera che oggi domina indisturbata le vite di tutti noi. Lungimiranza, abitudine all’essere protagonisti del cambiamento, vestigia di un popolo di Imperiale genetica, orma di un Mondo sempre in progresso, teso al miglioramento, comunque dominato dal voler Rappresentare la Volontà del Popolo. Oggi, più vecchi, più saggi siamo Noi Italiani che dobbiamo cambiare le sorti del Mondo Intero, di quella razza che non è tale perché è il tutto e non una singola specie, che è l’Umanità. Bisogna cominciare da Noi, per questo incito ancora al più romantico e sentito Nazionalismo, al più responsabile e leale Pluralismo ed alla più solida e solidale Unione. Consiglio sempre Fronte Nazionale, una pagina tutta da scrivere.
Nobis Camerati, non è per il colore ma per il Tricolore e per il Mondo Intero.

Patrizio Romano, gemello identico virtuale di Roberto Laficara.

[i] Terna S.p.A. Rapporto sulla produzione e sul consumo di Energia Elettrica – Roma 2014

[ii] Arthur Okun, Prices and Qantities – Oxford 1981

[iii] Nicholas Kaldor, Economia senza Equilibrio – Bologna 1988

1 comments

Lascia un commento